Battaglia sulla centrale del 118 “Rischiano 500 mila liguri”

da Repubblica

di Michela Bompani

Sono 500mila i liguri che rischiano di non essere soccorsi nei tempi necessari, con la riforma del 118, così come l’ha fatta la destra in Liguria»: il segretario ligure del Pd, e consigliere comunale, Davide Natale fa i calcoli. «Li faccio io, perché sembra che la Regione non li abbia fatti, prima di accorpare le cinque centrali operative del 118, in una sola, dimezzando il personale al suo interno», aggiunge. La denuncia di Natale punta il compasso sulle aree interne, e anche su quelle costiere, della Liguria, la cui popolazione rischia di rimanere “scoperta” da una tempestività di intervento dei soccorsi, dice Natale: «A pagare le conseguenze del dimezzamento del personale del 118 sono i piccoli centri e l’entroterra — dice — i soccorsi sono affidati ai volontari delle pubbliche assistenze che difficilmente troveranno un interlocutore nel 118 a guidarli sugli interventi». Natale fa i calcoli, davanti alla cartina della Liguria: almeno 30mila abitanti in val di Vara, 10mila nella riviera spezzina, 35mila in val Bormida, 200mila nelle valli dell’entroterra di Genova e poi la Val Fontanabuona e tutto l’imperiese e poi si ferma: «Lo standard di una centrale unica ogni 1,5 milioni di abitanti, che viene applicato dalla Regione, non tiene conto degli aspetti orografici della Liguria. Le centrali locali garantivano una conoscenza del territorio che è spesso molto utile nella gestione del soccorso stesso. E dunque, in base a quali dati la Regione dimezzando gli operatori intende assicurare lo stesso livello di assistenza? Non li ha forniti a noi, né ai sindacati, né agli operatori».

C’è infatti molta preoccupazione tra gli operatori impegnati nel servizio, ma anche tra i volontari delle pubbliche assistenze, sulle cui spalle si regge gran parte del primo intervento in Liguria. «Quanti codici rossi potrà gestire un medico solo, come è previsto nel turno notturno, nella centrale operativa?», si chiedono. Quindi se alla prima chiamata di soccorso, l’utente potrebbe trovare immediata risposta, così come oggi, con il personale della centrale operativa dimezzato i nodi verrebbero al pettine subito dopo: «La centrale è cruciale quando la squadra di soccorso raggiunge il paziente — spiegano alcuni volontari — perché è l’operatore del 118 a determinare che tipo di intervento eseguire, inviare l’automedica, decidere in quale ospedale dirigersi. Se in questa fase i tempi di risposta si allungano, allora diventa molto rischioso». E un ex operatore del 118 ha definito «scellerata» non tanto la decisione di realizzare una centrale unica, ma quella di dimezzare il personale, e risparmiare 1,5 milioni di euro, come ha spiegato ieri a Repubblica la Cgil.

E Natale pone anche il problema del rischio tilt: «Se rimane un’unica centrale, è stato previsto cosa fare in caso di blackout? Perché si è verificato diverse volte in una o più centrali della Liguria, e le altre, funzionanti, prendevano in carico il lavoro per il tempo necessario al ripristino. Ma se il blackout colpisce l’unica centrale, va in palla tutto il sistema di soccorso della Liguria?». Anche la capogruppo Avs in consiglio regionale, Selena Candia, sottolinea la criticità di una riorganizzazione che riduce gli operatori del 118: «Il piano socio sanitario ci preoccupa perché peggiora il livello di assistenza per le emergenze del 118: sulla centrale unica manca una programmazione chiara, mancano dati certi sul personale medico. Il risultato di questa operazione rischia di essere una catastrofe, sulle spalle dei cittadini. Un servizio che riduce da 30 a 8 i medici, da 48 a 21 gli infermieri e da 39 a 33 i tecnici può realmente dare una risposta sufficiente al nostro territorio?». «La centrale unica del 118 è uno scippo fatto ai territori e un peggioramento del servizio ai cittadini — conclude Natale — non è frutto di alcun confronto con chi, quotidianamente, opera in quella realtà, ma è solo finalizzata alla contrazione dei i costi, lavorando con la motosega».

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