di Matteo Macor da la Repubblica
«Noi andiamo avanti come caterpillar, abbiamo da pensare al programma, ai problemi dei cittadini, alle liste: i problemi sulle caselle li lasciamo a chi li ha davvero, il centrodestra». Dice così, il segretario del Pd ligure Davide Natale, e a 48 giorni dalle Regionali, probabilmente, non può dire altrimenti. Se è vero che nella palude ci sono i partiti della maggioranza, del resto, e a confermarlo sono le indiscrezioni sull’ultimo tentativo di candidare il sindaco Marco Bucci – «Meloni dovrebbe telefonargli per richiamarlo sui ritardi della Diga, quello sì», punge sul tema il consigliere dem – in realtà i grattacapi ci sono anche nel campo largo regionale, e la prova più recente è andata in scena non più tardi di ieri, con lo scambio a distanza tra lo stesso segretario regionale dem e la componente ligure di Italia Viva. «Ci vuole chiarezza, se vogliono far parte del centrosinistra non possono rimanere in maggioranza a Genova», lui a loro, come del resto assicurato nelle scorse settimane dallo stesso Renzi, «Siamo pronti a fare le nostre scelte dopo che sarà chiaro il quadro delle proposte e delle richieste del Pd, per ora non lo è», loro a lui.
Segretario, l’ingresso di Iv in coalizione è rimasto l’unico nodo a sinistra, ma rimane. Sul passo indietro in giunta a Genova sembrava aver preso un impegno Renzi in persona, ora che succede? «Elly Schlein l’ha detto chiaro, non si può tenere il piede in due scarpe, e io condivido le sue parole. In Italia Viva deve decidere il suo posizionamento, il nodo non è ancora sciolto ma confidiamo tutti si riesca a sbrogliare nei prossimi giorni. Sul tema, continuano a andare avanti interlocuzioni nazionali, che il piano sul quale si risolverà la questione. I problemi sugli assetti, al momento, sono tutti della destra».
Questa riapertura ai renziani, alla base, piace poco. C’è il timore di perdere voti, nel campo largo con ambizioni da larghissimo, rischi di perdere un’identità compresi? «No, è una preoccupazione che non percepisco. La questione è semplice, la proposta della coalizione sarà di contenuti, di programmi, non di sigle. Da destra si è provato più volte, invano, a dividere la coalizione che si sta costruendo. Che invece ha già una rotta precisa sui temi che più contano in questa regione, e saprà trovare una sintesi per dare le risposte che i liguri aspettano in tema di sanità pubblica, lavoro, transizioni energetica, ecologica, sociale. Di pericoli di snaturare la proposta, sinceramente, non ne vedo».
Ieri è arrivata a Carlo Calenda una lettera di iscritti di Azione che chiedono di ripensare la scelta in Liguria. Altri problemi in vista?
«La dialettica interna ai partiti è fisiologica e noi la rispettiamo. La lettera in questione mi è parsa più che altro una forma di sostegno indiretto alla nostra coalizione, in realtà. Se sono davvero interessati come scrivono al futuro della sanità, delle infrastrutture e dello sviluppo economico della regione, vuol dire sostengono il centrosinistra, che si candida a voltare pagina dopo lo sfacelo in tutti questi campi lasciati dal centrodestra. Oggi la Liguria ha il Pil pro capite più basso del Nord Italia, mancano servizi, politiche industriali, un futuro per i giovani, e c’è chi ancora si dice liberale non può andare a braccetto con Vannacci».
Da Azione sono arrivati anche dubbi su come le forze del campo largo tratteranno il tema dell’inchiesta su Toti in campagna elettorale. Quanto ci punterà, il centrosinistra, sul terremoto giudiziario di questi mesi? «Ma per noi la questione giudiziaria non è al centro del dibattito lasciamo lavorare i giudici, ora alla Liguria serve costruire una regione radicalmente diversa da quella degli ultimi anni. Alternativa nel concetto di fondo, una terra che sia di tanti per tutti, non di pochi per pochissimi, e ai modi e ai metodi del centrodestra».
Per il centrosinistra pensa sarebbe meglio avere Cavo o Rixi, come sfidante da destra? «Meglio Orlando, per tutta la Liguria e non solo per il centrosinistra. Lo stallo che abbiamo visto a destra in questi giorni del resto è la fotografia di nove anni di governo, in cui la figura debordante di Toti riusciva a mascherarne tutte le debolezze. Ora èilreènudoevieneagallatutto quello che non riescono a fare. Hanno cercato un civico da candidare per nascondere il loro fallimento politico, e prendere le distanze dal sistema crollato con l’inchiesta, e si ritrovano costretti a cercare due ex assessori di Toti».
Come giudica, il tentativo di (ri)chiedere un impegno in prima persona a Marco Bucci «Meloni dovrebbe telefonare a Bucci più che altro per richiamarlo sul fatto che i cantieri della Diga sono in ritardo di un anno e mezzo, un’opera che i governi Conte e Draghi hanno reso possibile e rischia di affossarsi. Se candidassero Bucci, poi, ci aiuterebbero: permetterebbero un cambio totale, in Regione e Comune, si potrebbe davvero svoltare. Ma la possibilità dice tutto anche della considerazione che hanno a destra delle istituzioni. Trattano il Comune come un’azienda privata pensando di poterne disporre a piacimento, solo per sanare le tensioni tra due partiti, i cittadini meritano rispetto».